, uno degli scrittori più proficui del dopoguerra livornese. Da anni lottava con il morbo di Alzahimer. Lascia la moglie Edda (66 anni di vita insieme) i figli, le nuore e i nipoti.
La vita di Vasco Lucarelli ruota intorno a tre, forse quattro, cardini fondamentali: la famiglia, la sua passione per la scrittura, la religione e Montenero, piccola frazione a sud di Livorno, conosciuta in tutto il mondo per il santuario della
per eccellenza.
Nato a Fauglia, in provincia di Pisa, ultimo di 4 fratelli, all’età di tre anni si trasferisce a Montenero. Le sue origini rurali saranno sempre presenti nei suoi libri e nel suo modo di rapportarsi con la vita.
, laureandosi in lettere e filosofia. Abbandonata
, insegna prima a Collesalvetti, poi all’Isola d’Elba.Vince il concorso per direttore della Cassa Mutua Artigiani di Livorno, ruolo che ricopre fino a metà degli anni ’70 quando diventa Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della pensione (1988).
Uomo di profonda fede e passione politica aderisce sin da giovane alla Democrazia Cristiana.
Progressista, degasperiano, antifascista convinto.
Come dicevamo ha sempre coltivato la passione per la scrittura scrivendo numerosi libri. Al primo, “Le Reti Vuote” (1974) – presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando – ne sono seguiti molti altri, fra i quali ricordiamo “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del padre, Pietro Bernardone (da questo libro recensito pure su RAI 1 ne è stata tratta una versione teatrale); “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato durante la Resistenza a Livorno; “Il sepolcro nella roccia” (storia di Giuseppe d’Arimateache lo fece avvicinare al regista Pupi Avati); e l’ultimo, “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante la SUA Montenero ed il SUO amatissimo Santuario: le raccolte di racconti ed aneddoti “Montenero, parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il calzolaio”… e poi gli scritti più prettamente legati alla religione ed alla teologia,in particolare alla Madonna di Montenero ed al suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”, “San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e molti altri ancora, che vi invito caldamente a leggere.
La
notizia ha colto i più impreparati anche se per i più vicini alla
famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
all’Isola d’Elba. Vinto il concorso per direttore della Cassa Mutua
Artigiani di Livorno (ruolo che ricoprì fino a metà degli anni ’70)
diventò poi Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della
pensione (1988). Nel 1964 venne nominato Cavaliere del
Lavoro. Progressista, degasperiano, antifascista convinto, aderì da
subito alla Democrazia Cristiana, anche se, come abbiamo ricordato, la
sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
diretta ma di profonda cultura che ha sempre raggiunto i suoi lettori
senza preconcetti e finti filtri. Il suo approccio diretto con la
scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
Poi dopo varie recensioni anche sui canali Rai il 1980 vede la
trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
raccontare Montenero, ma non solo.
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http://www.quilivorno.it/news/addio-a-vasco-lucarelli-scrittore-incontenibile-della-sua-montenero/#sthash.Kcpikvpa.dpuf
La
notizia ha colto i più impreparati anche se per i più vicini alla
famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
all’Isola d’Elba. Vinto il concorso per direttore della Cassa Mutua
Artigiani di Livorno (ruolo che ricoprì fino a metà degli anni ’70)
diventò poi Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della
pensione (1988). Nel 1964 venne nominato Cavaliere del
Lavoro. Progressista, degasperiano, antifascista convinto, aderì da
subito alla Democrazia Cristiana, anche se, come abbiamo ricordato, la
sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
diretta ma di profonda cultura che ha sempre raggiunto i suoi lettori
senza preconcetti e finti filtri. Il suo approccio diretto con la
scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
Poi dopo varie recensioni anche sui canali Rai il 1980 vede la
trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
raccontare Montenero, ma non solo.
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famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
all’Isola d’Elba. Vinto il concorso per direttore della Cassa Mutua
Artigiani di Livorno (ruolo che ricoprì fino a metà degli anni ’70)
diventò poi Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della
pensione (1988). Nel 1964 venne nominato Cavaliere del
Lavoro. Progressista, degasperiano, antifascista convinto, aderì da
subito alla Democrazia Cristiana, anche se, come abbiamo ricordato, la
sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
diretta ma di profonda cultura che ha sempre raggiunto i suoi lettori
senza preconcetti e finti filtri. Il suo approccio diretto con la
scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
Poi dopo varie recensioni anche sui canali Rai il 1980 vede la
trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
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famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
all’Isola d’Elba. Vinto il concorso per direttore della Cassa Mutua
Artigiani di Livorno (ruolo che ricoprì fino a metà degli anni ’70)
diventò poi Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della
pensione (1988). Nel 1964 venne nominato Cavaliere del
Lavoro. Progressista, degasperiano, antifascista convinto, aderì da
subito alla Democrazia Cristiana, anche se, come abbiamo ricordato, la
sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
diretta ma di profonda cultura che ha sempre raggiunto i suoi lettori
senza preconcetti e finti filtri. Il suo approccio diretto con la
scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
Poi dopo varie recensioni anche sui canali Rai il 1980 vede la
trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
raccontare Montenero, ma non solo.
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famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
all’Isola d’Elba. Vinto il concorso per direttore della Cassa Mutua
Artigiani di Livorno (ruolo che ricoprì fino a metà degli anni ’70)
diventò poi Provveditore dell’Ospedale di Livorno fino all’età della
pensione (1988). Nel 1964 venne nominato Cavaliere del
Lavoro. Progressista, degasperiano, antifascista convinto, aderì da
subito alla Democrazia Cristiana, anche se, come abbiamo ricordato, la
sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
diretta ma di profonda cultura che ha sempre raggiunto i suoi lettori
senza preconcetti e finti filtri. Il suo approccio diretto con la
scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
Poi dopo varie recensioni anche sui canali Rai il 1980 vede la
trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
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famiglia lo stato di salute di Vasco Lucarelli era noto da tempo. Vasco
Lucarelli ci ha lasciato dopo anni che lottava con il morbo di
Alzahimer. Si è spento circondato dall’amore della moglie Edda (66 anni
di vita insieme) di figli, nuore e nipoti. Nato a Fauglia il 29 agosto
del 1923, ultimo di quattro fratelli a soli tre anni si trasferì con la
famiglia a Montenero. Oggi alle 10, al Santuario di Montenero, le
esequie.
Uomo di forte fede (argomento spesso presente nei suoi libri), Vasco
Lucarelli è stato oltre che professore e dirigente Asl soprattutto uno
scrittore “incontenibile”, dirompente e “storico” dello scorrere del
tempo della sua Montenero. Amava alla follia quella frazione di Livorno
che raccoglieva in sé tutto il suo mondo. L’amore per la famiglia, per
la vita rurale, per la devozione al culto Mariano e per quell’oasi di
pace che solo Montenero gli ha regalato per tutta la sua vita. Durante
il periodo bellico lavorò come operaio alla Stanic, cosa che gli permise
di laurearsi in lettere e filosofia. Insegnò prima a Collesalvetti, poi
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sua più grande passione è stata la scrittura. Una scrittura asciutta,
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scrittura risale a quasi 40 anni fa quando, nel 1974, viene pubblicato
“Le Reti Vuote” con presentazione di Geno Pampaloni e Ruggero Orlando.
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trasposizione teatrale di “Giovanni detto Francesco” (1980), una sorta
di biografia del santo di Assisi vista e vissuta dal punto di vista del
Padre Pietro Bernardone. In questo breve ma sentito ricordo non possiamo
non ricordare “Labronica”, libro quasi autobiografico, ambientato
durante la Resistenza a Livorno o “Il sepolcro nella roccia” (storia di
Giuseppe d’Arimatea che colpì e raccolse l’interesse Pupi Avati). E poi
l’ultima sua fatica “Sogni al crepuscolo”, ambientato a Livorno durante
il Risorgimento.
Sterminata la produzione riguardante Montenero, dicevamo. La Montenero e
il Santuario di Lucarelli, dove le raccolte di racconti si intrecciano
amabilmente con gli aneddoti più strani e più significativi “Montenero,
parlata sottovoce d’amore e nostalgia”, “Montenero, ballata di
rimembranze”, “Montenero, tra ricordi e leggende”, “Tafari e il
calzolaio” senza dimenticare gli scritti più prettamente legati alla
religione e alla teologia, in particolare alla Madonna di Montenero e al
suo Santuario: “Le litanie ed il rosario della Madonna di Montenero”,
“San Giovanni Gualberto. Mille anni di giovinezza”, “Vieni da me sul
monte: storia dei grandi pellegrinaggi al Santuario di Montenero” e
molti altri. Permettetemi, infine, un ricordo personale. Alcuni mesi fa
Stefano, il figlio, durante un pranzo domenicale in famiglia, condivise
una foto dove suo padre stringe forte, sulla tavola apparecchiata, la
mano della moglie. Forse un attimo di risveglio dal morbo. Sicuramente
la testimonianza di un amore che non finirà mai, come quello nel
raccontare Montenero, ma non solo.
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