Nel 1930 a Livorno c'era già Halloween e non era di importazione americana, ma una festa per tutti i bambini che anno dopo anno, generazione dopo generazione, veniva tramandata nelle campagne toscane.
Ma cosa succedeva nella campagne livornesi, intorno agli anni '30, durante le notti del 31 ottobre e del primo novembre?
Mia nonna Lidia Tonerini cecínese di nascita, ma livornese da una vita, nata il 9 novembre del 1925 mi raccontava delle memorie del suo primo novembre, quello del 1929, praticamente quando stava per compiere il suo quarto anno d'età.
Abitava ancora a Cecina nel rione del Bottegone, proprio sull'Aurelia. Suo padre e sua madre lavoravano presso il pastificio Nieri, uno dei più importanti della zona. Risiedendo in paese, ma praticamente anche in campagna, tutti i cecinesi avevamo almeno un orto, dove si allevavano anche piccoli animali come i conigli, le galline e i piccioni.
Intorno alla fine di ottobre, il padre di mia nonna Lidia, Piero,
andava di nascosto, per non svelare in anticipo la sorpresa, da alcuni suoi
amici d'infanzia a prendere delle enormi zucche. Essendo molto grandi
difficilmente riusciva a portarne a casa più di due alla volta, e per far tutto
in gran segreto, le nascondeva sotto il cappotto.
Poi arrivato a casa, andava
immediatamente nell'orto dove le avvolgeva nei teli di iuta per preservarle
dall'umido della notte.
Bisogna dire, però, da subito, che la notte del 31 ottobre non era
vista proprio come una festa, ma come un rito preparatorio alla commemorazione
dei defunti. Quindi nessuno si mascherava, ne tanto meno i ragazzi andavano casa
per casa a chiedere caramelle.
Unica eccezione era per i cosi detti fruttini,
ossia dei dolci di marzapane fatti a forma di frutta, che le mamme compravano
dal fornaio.
Inoltre le zucche non erano solo le classiche zucche tonde e arancioni,
ma anche tutte le altre, anche quelle verdi e bianche, strette e lunghe.
Le
zucche tonde erano quelle più ricercate perché permettevano di creare un viso
il più possibile simile a quello di una persona. Altre volte per far prima la
zucca veniva lasciata completamente intonsa, disegnandoci sopra gli occhi e la
bocca.
Se invece veniva svuotata, dopo
aver fatto gli occhi, una volta creata l'apertura della bocca, si girava la
zucca a testa in giù, e si infilavano dei pezzetti di legno, per
simulare i denti. Chiaramente il tutto veniva fatto all'insaputa dei piccoli di
casa.
Poi, intorno alle 21 del 31 ottobre, i genitori prendevano in
collo i figli più piccini, per la mano i più grandicelli e si recavano tutti insieme negli
orti. Qui, nascoste tra i pomodori e le foglie di bietola, improvvisamente, apparivano immerse
nel bagliore delle candele delle strane figure.
Essendo poi tutti gli orti uno
vicino all'altro l'effetto luminara aveva quasi dell'incredibile. I bambini
avevano paura e si nascondevano dietro le spalle dei padri, che facevano da
guida tra tutte quelle teste che sembravano mozzate.
Non essendoci luci negli orti
c'era un buio quasi totale e per questo motivo la paura aumentava sempre di
più.
Tra un urlo e una risata pian piano i fanciulli si
avvicinavano a quelle strane figure e, ormai vicino alle teste, capivamo che in
verità altro non erano che delle grosse zucche con dentro una candela.
Poi, subito dopo, ognuno con la propria zucca stretta tra le braccia,
si recava per strada, per mostrarla ai propri amichetti. Tutte le zucche
venivano messe in fila, una vicina all'altra, esposte in bella mostra come per
una sfilata di moda.
I genitori accendevano ancora una
volta le candele, riponendole all'interno delle "teste" svuotate e i bambini, tutti
insieme, si mettevano a sedere intorno per ammirarle, dando anche i voti a quelle
più belle e a quelle più brutte.
Ma come si
diceva a quei tempi, il gioco era bello se durava poco, quindi dopo poco tutti
a casa a dormire, felici di aver trascorso insieme agli amici e alle amiche una
serata diversa, tra tante risate e qualche spavento.
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