Tutto è partito da uno studio pubblicato rivista americana “Human Biology”, a opera di un team di ricercatori italo-francese, che comprende il gruppo di Alessio Boattini dell’Istituto di biologia dell’Università di
Partendo dagli elenchi telefonici della popolazione italiana nel 1993, il gruppo di genetisti e antropologi ha analizzato più di 77.000 cognomi diversi, corrispondenti a circa 17 milioni e mezzo d’individui. È così riuscito, attraverso modelli matematici, l’analisi di database e delle variazioni genetiche, a ricostruire per quasi 50.000 di essi l’origine geografica, fino a individuare dove vivevano i loro antenati maschi cinque secoli fa, intorno alla metà del 1500. Quando, cioè, in seguito al Concilio di Trento, divenne obbligatorio per ogni parrocchia registrare le nascite. Incrociando poi questi dati con le statistiche relative all’attuale distribuzione della popolazione nel Belpaese, gli antropologi sono riusciti a realizzare una sorta di mappa geografica della migrazione dei cognomi che, provincia per provincia, mostra com’è mutato il rapporto tra migranti e abitanti locali nel corso degli anni.
Dallo studio è risultato che la Toscana è popolata da cognomi provenienti da tutt’altre zone, spesso dal meridione d’Italia.
Sul terriotorio solo il 28 per cento degli abitanti risulta autoctono, segno del loro ruolo di passaggio, di corridoio di forti flussi migratori provenienti dal sud Italia.
Il primato di provincia da cui si tende più spesso a emigrare, almeno in relazione agli elenchi dei primi anni 90, spetta a Lecce, direzione Milano e Torino in primis.
Ecco perché la Toscana, a metà strada tra Sud e Nord, risulta, ad oggi, una delle regioni d'Italia con la percentuale più alta di popolazione non autoctona.
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