“Domenica no grazie”. Sottotitolo Lottiamo contro la "liberalizzazione degli orari commerciali" del decreto "Salva Italia".
Su Facebook, mentre scriviamo conta 3.327 “mi piace". In sostanza sono i dipendenti delle grandi catene commerciali che chiedono di avere la domenica come giorno di festa.
Di primo acchito mi verrebbe da dire, ma come, siamo in piena crisi economica, politica e chi più ne ha più ne metta e voi chiedete la chiusa di domenica, proprio quando i centri commerciali si riempono di gente e si fanno fatturati enormi?
La domenica è uno, se ormai non l'unico giorno, che si può andare a fare la spesa per l'intera settimana, soprattutto se si pensa che nella maggior parte delle città italiane i negozi al dettaglio fanno orari assurdi e in alcune città di mare si ha la presunzione di aprire alle 18 perché "tanto prima la gente prende il sole" quando, invece, non è così, anzi è l'esatto contrario.
Il sole ormai è cosa per ricchi, l'esatto opposto dell'Ottocento quando più la pelle era bianca in estate, tanto più si era ricchi e quindi non si lavorava nei campi, sulle banchine dei porti o per la strada, dove involontariamente ci si abbronzava.
A meno che una città non viva di turismo e quindi è normale aprire alle 18 per poi chiudere dopo la mezzanotte, è inconcepibile che in città come Livorno dove sì vi è il mare, ma non è una città turistica, si pensi, dopo la suddetta liberalizzazione degli orari, di aprire nei pomeriggi estivi alle 18 per poi chiudere al massimo alle 20,30.
E qui nasce una sorta di frustrazione da shopping conpulsivo castrato e dalla rabbia di sentir poi gli stessi negozianti lamentarsi perché chiudono, perché non hanno più lavoro.
L'imperativo, oggi giorno, è lavorare e tanto, soprattutto se si lavora da imprenditori, facendo sacrifici immensi, che a mio avviso alla fine pagheranno.
Ma torniamo a quei 3000 e più "mi piace". Perché se da una parte ci si lamenta del fatto che la domenica potrebbe diventare un deserto per lo shopping e non solo, dall'altra ritengo che i diritti dei lavoratori vadano rispettati sempre e che debbano essere alla base della catena lavorativa.
Se tali diritti non vengono rispettati allora è bene chiudere la domenica e diventare il 3328 "mi piace".
Anche perché se si approfondisce minimamente l'argomento e si prende ad esempio i lavoratori dipendenti del centro commerciale I Gigli a Campi Bisenzio a due passi da Firenze sarebbe bene sapere che:
• L'assenza di assunzioni significative, a fronte di un incremento del lavoro (domenica, giorni festivi, ecc) costringe i lavoratori a turni massacranti
• Il lavoro domenicale non è pagato straordinario. La retribuzione per il lavoro domenicale vede una maggiorazione di quanche decina di euro in busta paga. In molti casi anche le festività sono pagate in ordinaria.
E' per questo che è nata questa associazione in Toscana. “Domenica no grazie” chiede semplicemente il dovuto
• Nuove assunzioni.
• Una maggiore gratificazione per il lavoro domenicale e festivo (ex straordinari).
• Orari e turnazioni più adeguate per riprendere in mano la propria vita privata.
• La possibilità di gestire le domeniche su base volontaria.
Su Facebook, mentre scriviamo conta 3.327 “mi piace". In sostanza sono i dipendenti delle grandi catene commerciali che chiedono di avere la domenica come giorno di festa.
Di primo acchito mi verrebbe da dire, ma come, siamo in piena crisi economica, politica e chi più ne ha più ne metta e voi chiedete la chiusa di domenica, proprio quando i centri commerciali si riempono di gente e si fanno fatturati enormi?
La domenica è uno, se ormai non l'unico giorno, che si può andare a fare la spesa per l'intera settimana, soprattutto se si pensa che nella maggior parte delle città italiane i negozi al dettaglio fanno orari assurdi e in alcune città di mare si ha la presunzione di aprire alle 18 perché "tanto prima la gente prende il sole" quando, invece, non è così, anzi è l'esatto contrario.
Il sole ormai è cosa per ricchi, l'esatto opposto dell'Ottocento quando più la pelle era bianca in estate, tanto più si era ricchi e quindi non si lavorava nei campi, sulle banchine dei porti o per la strada, dove involontariamente ci si abbronzava.
A meno che una città non viva di turismo e quindi è normale aprire alle 18 per poi chiudere dopo la mezzanotte, è inconcepibile che in città come Livorno dove sì vi è il mare, ma non è una città turistica, si pensi, dopo la suddetta liberalizzazione degli orari, di aprire nei pomeriggi estivi alle 18 per poi chiudere al massimo alle 20,30.
E qui nasce una sorta di frustrazione da shopping conpulsivo castrato e dalla rabbia di sentir poi gli stessi negozianti lamentarsi perché chiudono, perché non hanno più lavoro.
L'imperativo, oggi giorno, è lavorare e tanto, soprattutto se si lavora da imprenditori, facendo sacrifici immensi, che a mio avviso alla fine pagheranno.
Ma torniamo a quei 3000 e più "mi piace". Perché se da una parte ci si lamenta del fatto che la domenica potrebbe diventare un deserto per lo shopping e non solo, dall'altra ritengo che i diritti dei lavoratori vadano rispettati sempre e che debbano essere alla base della catena lavorativa.
Se tali diritti non vengono rispettati allora è bene chiudere la domenica e diventare il 3328 "mi piace".
Anche perché se si approfondisce minimamente l'argomento e si prende ad esempio i lavoratori dipendenti del centro commerciale I Gigli a Campi Bisenzio a due passi da Firenze sarebbe bene sapere che:
• L'assenza di assunzioni significative, a fronte di un incremento del lavoro (domenica, giorni festivi, ecc) costringe i lavoratori a turni massacranti
• Il lavoro domenicale non è pagato straordinario. La retribuzione per il lavoro domenicale vede una maggiorazione di quanche decina di euro in busta paga. In molti casi anche le festività sono pagate in ordinaria.
E' per questo che è nata questa associazione in Toscana. “Domenica no grazie” chiede semplicemente il dovuto
• Nuove assunzioni.
• Una maggiore gratificazione per il lavoro domenicale e festivo (ex straordinari).
• Orari e turnazioni più adeguate per riprendere in mano la propria vita privata.
• La possibilità di gestire le domeniche su base volontaria.
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